Agli americani piace recensire, viene lasciato un feedback su tutto. Vale la regola non tanto che pago e ho sempre ragione ma é un mio diritto essere soddisfatto del mio acquisto, del servizio che mi é stato erogato.
I customer care sono attentissimi ai clienti, e forse meritano un post dedicato, ma lí di solito ci si rivolge quando effettivamente ci sono delle magagne, ma come fare quando ció che si é acquistato, che sia un oggetto o un servizio, non é magari all’altezza delle nostre aspettative? Semplice su quasi tutti gli scontrini ti viene fornito un codice che ti permette di accedere a un sito su cui fare un sondaggio sul proprio grado di apprezzamento sul servizio ricevuto. Visto che cosí facendo fornisci a tua volta un servizio a questa azienda, che puó migliorare dai voti ricevuti, partecipi anche all’estrazione di qualche premio mensile e in piú sei anche maggiormente invogliato a partecipare.
Oppure fioriscono applicazioni/siti come Yelp e, quindi, spesso quando ti trovi in giro e devi andare a mangiare vai a controllare quante stelline ha il luogo prescelto. Di solito ci sono cosí tante recensioni che é abbastanza facile farsi un’idea. Gli americani tendono, queste cose, a metterle, nel bene e nel male, un po’ piú personale di quanto siamo abituati noi, ma sono tendenzialmente piú oggettivi.
Oppure ancora per strada su molti furgoncini/camion é possibile reperire un numero telefonico che permette di fare delle segnalazioni sulla guida del conducente. Immaginatevi se si dovesse fare in Italia, dove ricordo un servizio, forse delle Iene, in cui venivano inquadrati dai viadotti i camionisti che, se si era fortunati, parlavano al cellulare e nei casi peggiori si leggevano La Rosa.
Ma quello che non mi aspettavo di dover fare era di dover lasciare un feedback ai miei professori. Non so se negli ultimi anni l’ambiente universitario italiano é cambiato, ma ricordo che quando ci bazzicavo io, ed era cosa radicata da generazioni, ogni professore si sentiva abbastanza libero di fare quello che gli pareva senza che nessuno studenti o universitá sindacasse il suo operato. Qui non credo che sia cosí, almeno basandomi sull’enfasi che tutti i professori avevano nel consegnare il questionario, nel raccomandarsi nel compilarlo nel modo corretto per non rischiare di prendere voti negati dovuti a errori di compilazione etc, etc…
Il questionario, anonimo, ha coperto vari aspetti del corso e poneva domande sia sulla struttura del corso, se era ben equilibrato nel contesto del piano di studi, se era di una difficoltá adeguata e via di seguito. E poi c’erano le domande sui professori sia di carattere diciamo piú pratico, se era preparato a lezione, se aveva fornito materiale didattico adeguato; sia domande di aspetto piú “umano”: il professore era propositivo con gli studenti, stimolava l’attenzione della classe, era interessato al reale apprendimento degli studenti?
Ovviamente i dati non vanno ai professori direttamente ma vengono analizzati prima dalla facoltá e visto che qui il posto garantito non ce l’ha nessuno, neanche in un’universitá pubblica, non ho dubbi a credere che i risultati siano presi in grande considerazione. Anche se devo dire che, almeno per i professori avuti questo semestre, nessuno dovrebbe avere problemi a passare alla grande il severo giudizio degli studenti.
A Torino é girata per generazioni la storia (leggenda metropolitana?) di un povero studente di diritto che dopo essersi sentito chiedere “Lo vuole un 18 tirato dalla finestra?” corse in via Sant’Ottavio (sede della facoltá di giurisprudenza) a recuperarsi il libretto. Ecco qui se mai un professore fosse colto da un insano raptus di follia credo che il rettore spedirebbe lui a prendere il suddetto libretto che verrebbe restituito con tanto di scuse.